RESPONSABILITA' CIVILE - ANIMALI - Corte d'Appello Roma Sez. III Sent., 29-05-2018

RESPONSABILITA' CIVILE - ANIMALI - Corte d'Appello Roma Sez. III Sent., 29-05-2018

In tema di responsabilità per i danni cagionati dagli animali, ai sensi dell'art. 2052 c.c. la responsabilità dei proprietari dell'animale è presunta ed è fondata non sulla colpa ma sul rapporto di fatto con l'animale, di guisa che il proprietario risponde in ogni caso e in toto per i danni cagionati al terzo, a meno che non dia la prova del fortuito. Se lo prova non è fornita, il giudice deve condannare il proprietario dell'animale ai danni per l'intero.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI ROMA

SEZIONE TERZA CIVILE

in persona dei signori magistrati

dott. Maria Teresa Mirra - presidente

dott. Angelo Martinelli - consigliere estensore

dott. Edvige Verde - consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di appello iscritta al numero 265 del ruolo generale dell'anno 2015

tra

A.C., CF.: (...) elettivamente domiciliata in Roma, via Giuseppe Sisco, 8, presso lo studio degli avvocati procuratori Guido Ciminello e Isabella Nelli

- appellante

e

V.M.C., CF.: (...) elettivamente domiciliata in Roma, via Delle Celidonie, 25, presso lo studio dell'avvocato procuratore Alessandro Costantini

- appellata

avverso

sentenza Tribunale di Roma n. 17986 dell'anno 2014

oggetto

risarcimento danni

Svolgimento del processo

V.M.C. conveniva avanti al Tribunale di Roma l'Associazione C.I.A. per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti in ragione di una caduta da cavallo nel corso di una lezione di equitazione.

Resisteva l'Associazione convenuta chiedendo comunque di essere manlevata dal proprio assicuratore, Compagnia Generali, che pure resisteva in giudizio.

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Roma condannava l'Associazione convenuta al pagamento della somma di Euro 67.251,72, oltre ad accessori e spese.

Avverso la detta sentenza insorgeva l'Associazione C.I..

Resisteva la V.M..

La causa veniva quindi trattenuta in decisione all'udienza del 9 febbraio 2018 con i termini ordinari per il deposito di scritti difensivi.

Motivi della decisione

Con un unico e articolato motivo l'Associazione appellante lamenta che il Tribunale abbia fatto una cattiva lettura delle risultanze probatorie. In particolare, l'appellante osserva che "tra il fatto dell'animale e l'evento dannoso vi deve essere un rapporto di causalità nel senso che il danno deve essere eziologicamente riferibile all'animale il quale deve avere partecipato attivamente all'evento di danno"; nel caso di specie, invece, la signora V.M. non era caduta per un fatto attribuibile al cavallo ma perchè aveva perso una staffa, si era sbilanciata e quindi era caduta.

L'appello non è fondato.

In effetti, non è discusso che la signora V.M. stesse partecipando a una lezione di equitazione tenuta da una istruttrice del circolo I..

Al caso de quo il Tribunale ha applicato l'art. 2052 c.c..

Secondo la Suprema Corte in base "all'art. 2052 c.c. la responsabilità dei proprietari dell'animale è presunta, fondata non sulla colpa ma sul rapporto di fatto con l'animale, di guisa che il proprietario risponde in ogni caso e in toto per i danni cagionati al terzo, a meno che non dia la prova del fortuito. Se la prova non è fornita, il giudice deve condannare il proprietario dell'animale ai danni per l'intero" (Cass. 30 novembre 2017, n. 28652).

La responsabilità ex art. 2052 c.c. - come ricorda la suaccennata sentenza - è di tipo extracontrattuale, tanto che la suddetta norma si applica ai danni (come riporta la sentenza dianzi menzionata) cagionati a terzi.

Il terzo - cioè il soggetto che non ha alcun rapporto con il proprietario o l'utilizzatore dell'animale - ha dunque l'onere di provare il nesso di causalità tra la condotta dell'animale e il danno ("il proprietario di un animale (o di chi ne abbia l'uso) risponde ai sensi dell'art. 2052 c.c. sulla base non già di un proprio comportamento o di una propria attività, ma sulla base della mera relazione (di proprietà o di uso) intercorrente fra lui e l'animale, nonchè del nesso di causalità sussistente fra il comportamento di quest'ultimo e l'evento dannoso, fattori - questi - di cui deve dare prova il danneggiato. Il limite di un tal tipo di responsabilità è rappresentato unicamente dal caso fortuito, di cui incombe prova al medesimo proprietario (o utilizzatore), e che non può attenere propriamente al comportamento del medesimo, ma a quello dell'animale" (Cass. 9 gennaio 2002, n. 200).

Qualora però l'animale costituisca un mezzo per adempiere a una obbligazione, come nella fattispecie, in cui il C.I. temeva lezioni di equitazione, in caso di lesioni all'allievo la responsabilità è contrattuale, come succede nel caso in cui l'allievo di una scuola guida si procura lesioni mentre si trova sulla vettura con l'istruttore della scuola.

Come è stato ritenuto, "nel caso di danno subito dall'allievo di una scuola di sci a seguito di caduta, la responsabilità della scuola ha natura contrattuale e - pertanto - grava sulla scuola, ai sensi dell'art. 1218 c.c., l'onere di dimostrare che le lesioni sono dipese da circostanze ad essa non imputabili" (Cass. 21 aprile 2016, n. 8044).

Nel caso di specie, quindi, sarebbe stato onere del C.I. provare che le lesioni occorse alla signora V.M. non dipendevano da cause ad esso imputabili.

In particolare, come riferisce la teste C., durante la lezione la signora V., per passare dal trotto al passo, "perdeva la staffa sinistra e pertanto scivolava di fianco cadendo a terra". Ora, il C.I. avrebbe dovuto provare che la V.M. era stata adeguatamente istruita su come passare dal trotto al passo e su come coordinare la trazione sulle redini con il movimento delle gambe perché, ovviamente, l'istruttore, sino a che l'allievo non sia in grado di condure il cavallo, lo deve seguire con attenzione.

Applicare alla fattispecie de qua l'art. 2052 c.c. significa (forse senza ragione) comprimere la tutela dei creditori di obbligazioni contrattuali che invece si ritrovano a dover dimostrare, ex art. 2052, il nesso di causalità tra la condotta attiva dell'animale e le lesioni (giova precisare condotta attiva del cavallo perché il nesso di causalità tra caduta e lesioni rimane a carico del danneggiato; nel caso di specie, peraltro, tale nesso non è contestato).

Viceversa, in caso di responsabilità contrattuale, il discente dovrebbe provare solo le lesioni e il fatto che esse siano state subite durante la lezione (e che siano riconducibili alla caduta da cavallo - fatto non contestato - e non, ad es., cause endogene).

In proposito, si faccia l'esempio di un soggetto che si procura lesioni inciampando su di un cavallo caduto a terra a causa di morte improvvisa: se si ritenesse che le lezioni ippiche ricadano nella sfera della responsabilità extracontrattuale l'allievo si troverebbe esposto - stante l'inapplicabilità dell'art. 2052 c.c. che riguarda il caso di una condotta tipica dell'animale (la morte non è una condotta tipica) - al ben più impegnativo onere probatorio ex art. 2043 quando invece potrebbe giovarsi dell'art. 1218 c.c..

Vale poi osservare che "Il principio della domanda - in relazione al quale il vizio di ultra o extra petizione ex articolo 112 del c.p.c. risulta configurabile quando il giudice pronunzia oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato - deve essere posto in immediata correlazione con il principio iura novit curia, di cui all'articolo 113, comma 1, del c.p.c., di guisa che non ne ricorre la violazione se il giudice abbia assegnato una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite, nonché all'azione esercitata in causa. Rientra, infatti, nei poteri del giudice ricercare le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame e porre a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli richiamati dalle parti" (Cass. 20 giugno 2017, n. 15190).

In questo quadro, l'appello deve essere rigettato perchè l'appellante non ha fornito alcuna prova che la caduta non fosse dipesa da causa ad esso non imputabile limitandosi a sostenere che la condotta del cavallo era estranea alle lesioni

L'appello è peraltro anche infondato se trovasse applicazione l'art. 2052 c.c. posto che - al di là della scarsamente attendibile deposizione della teste G. interessata a evitare responsabilità - il teste F. ha riferito che il cavallo montato dalla appellata si era imbizzarrito e la signora era caduta.

L'appello deve essere pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

Essendo l'impugnazione successiva al 31 gennaio 2013 deve essere dichiarata - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, modificativo dell'art. 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (T.U. spese di giustizia) - la debenza di ulteriore importo pari al contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando sull'appello proposto da A.C. avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 17986 dell'anno 2014, così decide:

a) rigetta l'appello;

c) condanna l'appellante alla rifusione, in favore di V.M.C., delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 9.515,00 oltre a rimborso forfetario 15% e a oneri accessori come per legge;

c) dichiara la debenza in capo all'appellante di ulteriore importo pari al contributo unificato già dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2018.

Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2018


Avv. Francesco Botta

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